Modena è nota per essere città della buona tavola e del buon vivere. Qui mangiare bene è un’arte diffusa, condivisa. Così condivisa che unisce le radici umili della cucina contadina a una delle tavole più colte e fiorite della nostra storia, quella delle corte estense. Dal Duecento e fino all’unità D’Italia, la famiglia d’Este governò Modena, Reggio Emilia e Ferrara, dando impulso all’architettura e all’arte di queste città e contribuendo anche in larga misura a coltivarne la cultura gastronomica.
Origini antiche e misteriose dell’aceto balsamico
Si dice che l’aceto balsamico sia nato in epoca medievale, per caso, da un errore. Probabilmente un certo quantitativo di mosto cotto d’uva, la cosiddetta Saba il dolcificante utilizzato nella cucina modenese, fu dimenticato in un vaso casalingo e ritrovato solo dopo un’avviata acetificazione. In ogni caso, per secoli del mirabile condimento scuro si hanno solo notizie vaghe. Forse chi ne conosceva il segreto non era interessato a diffonderlo, ma certo sotto i portici del Palazzo Comunale e all’ombra della Ghirlandia (la torre campanaria del Duomo) i modenesi ne parlavano e si scambiavano la sua ricetta, perché Antonio Valisnieri, storico locale vissuto nell’ Ottocento, afferma che secondo le sue ricerche nel Duecento le cantine della corte estense conservavano grandi quantitativi di botti d’aceto pregiato. Di certo all’epoca del fastoso matrimonio tra Ercole 1, duca di Ferrara, Modena e Reggio, ed Eleonora d’Aragona, figlia del RE di Napoli, l’aceto balsamico regnava sulla tavola degli Este. Le loro nozze, avvenute nel 1473, furono festeggiate con un banchetto memorabile. Possiamo immaginare che tra i condimenti delle succulenti pietanze, delle carni e dei pesci arrosto ci fosse anche quell’aceto pregiato prodotto sulle loro terre. E’ infatti solo di qualche decennio successivo un volume della corte ducale, intitolato La Grassa, che riporta una scrupolosa classificazione dei tipi di aceto in base alle differenti possibilità di impiego. Ciò dimostra che alla corte estense il balsamico era conosciuto in tutte le sue qualità e che ciascuna era destinata all’occasione più opportuna.
Tra i suoi usi c’era già anche quello terapeutico. Lucrezia Borgia ,che aveva sposato in terze nozze Alfonso I D’Este, lo sperimentò durante il parto del figlio Ercole II. Quando poi nel 1598, per volere del duca Cesare, Modena diventò capitale del Ducato, l’aceto balsamico ottenne ancora più apprezzamento e attenzione negli ambienti della corte. Negli archivi di Palazzo Ducale restano a dimostrarlo documenti d’acquisto di vino trebbiano ( l’aceto balsamico nasce lì ), e diverse lettere in cui si parla di uve adatte “ ad accomodare le acetaie” . Quel buon aceto stagionato era ormai diventato un gradito protagonista della tavola modenese, ma il suo momento di massima popolarità è legato invece a un evento drammatico. Nel 1630 la mannaia spietata della peste si scatenò su Modena e Reggio. Il pregiato condimento servì come “preservativo al contagio”e contro “ l’ ammorbamento dell’aria”. Veniva utilizzato per abluzioni, gargarismi, come cordiale, come tonico e contro l’aria infetta, lasciandone cadere alcune gocce sulle braci del camino. Quando la peste passò, Modena, sulla via Emilia, fu eretta la Chiesa del Voto, per ringraziare la Madonna che, invocata dagli uomini, l’aveva scacciata.
E’ probabile però che anche l’aceto abbia fatto la sua parte o che, forse proprio dall’aceto la Madonna si sia servita per salvare la città della Ghirlandina.